Giuseppe Nosari, nato a Gandino (BG) il 24 marzo del 1883, è stato uno dei pionieri dell’aviazione italiana del primo ‘900. Orfano di padre in giovanissima età, si dimostrò capace meccanico e fu assunto dalla famiglia Pesenti ad Alzano. Nel 1903 i fratelli Wright riuscirono a compiere il primo volo con un mezzo motorizzato più pesante dell’aria con pilota a bordo: questo scatenò una “corsa al volo” di cui anche Nosari rimase affascinato, dopo aver assistito a Brescia ad alcune gare d’aviazione. Nel 1910 si propose di costruire in proprio un aereo, tipo Bleriòt, con canne d’acciaio. Realizzò un biplano lungo 7,80 metri, con un’apertura alare di 6,80 metri. La corda dell’ala era di ben 2,10 metri.
Costruì personalmente anche il motore, premiato con medaglia d’oro della Camera di Commercio a San Pellegrino Terme. Il velivolo fu benedetto nell’ottobre del 1910 ed esposto a Bergamo, Alzano e al Teatro Sociale di Gandino. Nel luglio 1912 ottenne il brevetto di aviatore allo storico Campo Mirafiori di Torino. Il 19 settembre di quell’anno Nosari, con un “Asteria 3”, stabilì il nuovo primato italiano di altezza con passeggero, raggiungendo sopra Torino la quota di 1200 metri. Un volo di circa 80 minuti, sorvolando Superga e la Mole Antonelliana. Un’impresa memorabile che fece scalpore nelle cronache del tempo.
Nei mesi successivi, in qualità di capo officina e montatore, lavorò alla messa a punto del nuovo monoplano Asteria MB da 50 HP, realizzato dalla ditta di cui era titolare Francesco Darbesio.
Il 3 febbraio 1913 Nosari decollò da Mirafiori schiantandosi al suolo poco dopo. Non è chiaro se con il nuovo aereo (presentato tre mesi dopo all’Esposizione di Locomozione Aerea) oppure con un vecchio monoplano che Nosari aveva riparato e voleva collaudare.
Il 4 febbraio 1913 il quotidiano La Stampa pubblicò un’ampia cronaca dello schianto, con le prove fallite e i dettagli di quel tragico giorno. In essa si legge fra l’altro:
“Un’altra vittima dell’aviazione: Giuseppe Nosari, un giovane pilota della Società costruttrice Asteria, mentre ieri, nel pomeriggio, al Campo di Mirafiori stava provando un monoplano, è caduto da circa venti metri di altezza, riportando la frattura della volta cranica, con violenta commozione cerebrale e diverse ferite in varie parti del corpo, in seguito alle quali cessava di vivere poco dopo all’Ospedale Mauriziano dove lo avevano trasportato d’urgenza. Giuseppe Nosari non era nuovo ai cimenti dell’aria: la sua fine ha quindi impressionato assai i suoi colleghi e amici, perché era troppo nota la sua prudenza e valentia nella manovra degli apparecchi a lui affidati. Ogni giorno infatti egli si recava al Campo d’aviazione di Mirafiori e negli hangar dell’ing. Darbesio passava lunghe ore attorno alle eliche, ai motori, alle grandi ali dei leggeri velivoli, dei quali conosceva ogni più minuto particolare di struttura con quella competenza resa tanto più salda dal grande amore per questo bellissimo, ma terribile mezzo di locomozione”.
“Erano le 17 – si legge ancora – scendevano appena le prime ombre della sera, ma per una prova vi era ancora tempo. Questa volta la partenza fu più agile e sicura: dopo quaranta metri l’apparecchio si alzò, avanzò per un chilometro circa, a quindici metri dal suolo. (…) Era già qualche cosa ma non tutto. Gli amici ed i compagni che tenevano gli occhi fissi all’apparecchio, videro ad un tratto questo “impennarsi” con l’elica, cioè, dritta verso il cielo. (…) In simili casi – dicono gli intenditori – è prudente abbassare la leva adagio adagio, in modo da far tornare le ali in posizione orizzontale: ogni altra manovra troppo brusca è pericolosa. Ieri il povero Nosari non ha ricordato il prezioso insegnamento; impressionato di trovarsi in quella posizione, e preso forse dal panico, deve aver abbassato d’un sol colpo la leva, senza pensare che un altro e maggior pericolo lo minacciasse. Coloro che di lontano videro tale repentino movimento alzarono istintivamente le braccia in un gesto di spavento e non ebbero tempo di gridare una parola, che il monoplano, ripiegandosi in avanti, precipitava verticalmente e si infrangeva sul terreno con un tonfo sordo. Fu un accorrere confuso, angoscioso”. Fu trasferito in ospedale, ma morì poco dopo per le gravissime ferite.
La notizia della tragica morte dell’aviatore gandinese fece il giro del mondo e finì sulle pagine del prestigioso New York Times, negli Stati Uniti, il 4 febbraio 1913. La salma di Nosari riposa nel cimitero di Gandino e a lui è dedicata una via in paese. Nel 1967 fu posta una stele in bronzo all’aeroporto di Orio al Serio, per ricordare i pionieri bergamaschi del volo. Furono citati sei nomi, di cui due gandinesi: oltre a Giuseppe Nosari c’era anche Vincenzo Rudelli, fra i fautori del Club di Aviazione di Orio al Serio insieme al cav. Stefano Minossi. Nel 2013 le Poste Italiane hanno dedicato a Giuseppe Nosari un annullo straordinario nel centenario della morte.